La scrittrice italo armena Antonia Arslan per la narrativa, con il romanzo L’odore delle perle di legno (Rizzoli), il giovane professore Emanuele Felice con il saggio Ascesa e declino. Storia economica d’Italia (il Mulino) e l’affermato e prolifico Corrado Augias, per la letteratura giornalistica, con Le ultime diciotto ore di Gesù (Einaudi), sono i tre vincitori della edizione XI del Premio nazionale di cultura “Benedetto Croce” di Pescasseroli. I giudizi finali della Giuria sono stati resi noti in conferenza stampa il 5 luglio all’Aquila dal comitato organizzatore della manifestazione, insieme alla sindaca di Pescasseroli, Anna Nanni, al presidente del Consiglio regionale, Giuseppe Di Pangrazio, e al dirigente della Regione Abruzzo per la Cultura, Francesco Tentarelli.

La consegna dei riconoscimenti avverrà nei giorni 5 e 6 agosto nella “capitale” del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, cittadina natale di Croce. Sarà consegnato anche il premio alla Memoria a Luca De Filippo, figlio del grande Eduardo. L’evento del 2016 si svilupperà in tre momenti: venerdì 5 agosto, alle ore 16.30, si svolgerà il dibattito sul tema “Croce, la libertà e l’Europa di Oggi” realizzato insieme all’Ipa Adriatic ed all’Abi (Associazione bancaria italiana); sabato 6 agosto, alle ore 10.00, si celebrerà il Premio alla Memoria a De Filippo con la partecipazione delle attrici Piera Degli Esposti e Mariangela D’Abbraccio, che si esibirà anche nel concerto dal titolo “Napoletana” la sera alle ore 21. Ancora sabato, alle ore 17.00, vi sarà la cerimonia di consegna dei premi per le tre sezioni: narrativa, saggistica e giornalismo letterario, con la presenza degli scrittori che parleranno al pubblico, sempre a Pescasseroli. Sono numerosi gli ospiti invitati nella giornata.

I VINCITORI

Antonia Arslan ha ottenuto il premio “Croce” 2016 per la sezione narrativa con il suo romanzo autobiografico Il rumore delle perle di legno (Rizzoli). L’intellettuale nata a Padova, di origini armene, è laureata in archeologia e ha insegnato Letteratura italiana. Nella sua produzione, tradotta in molte lingue, premiata e in un caso diventata film (La masseria delle allodole, dei fratelli Taviani) ha dato voce alla sua identità e alla storia dell’Armenia. Lo ha fatto con la traduzione dell’opera del poeta armeno Daniel Varujan e con testi che hanno raccontato il genocidio del popolo armeno perpetrato dall’impero ottomano nel 1915. Un tema che vede una netta contrapposizione storica fra chi – come l’Italia – ha internazionalmente riconosciuto massacri e deportazioni di quell’epoca e chi – in testa la Turchia – nega fino ai giorni nostri lo sterminio etnico e contesta con forza tutto ciò, limitando la democrazia. Le interpretazioni si contrastano ancora e la dinamica vede coinvolti anche l’Europa e la Santa Sede, in uno strascico di conseguenze politiche e diplomatiche lungo un secolo. La scrittrice ribadisce una ferma condanna del negazionismo turco, sostenendo che chi nega quell’olocausto (che è paragonato alla Shoa commessa dai nazisti e che per certi versi può somigliare ai crimini e alla strategia del terrore oggi usata dall’Isis) si pone fuori dalla storia. L’eco del “grande male” (Medz Yeghern) e delle guerre arrivano pure nel romanzo della Arslan vincitore del Premio “Croce”, raccontate in una delicata collezione di emozioni coinvolgenti e ricordi di vita, assieme alle memorie di una “Bambina” protagonista, lei, dalla sua infanzia in Italia ai rapporti familiari e affettivi.

